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L'evoluzione delle cooperative di produzione e lavoro dal punto di vista di Consorzio Sincro.
Abbiamo incontrato Gianpaolo Calanchi, Amministratore delegato di Sincro ed abbiamo approfondito il ruolo delle cooperative nel settore logistico.


Outsourcing

L’evoluzione delle cooperative di produzione e lavoro dal punto di vista di Consorzio Sincro.

26 Marzo 2012

Premessa


“La nostra realtà – esordisce Calanchi – rappresenta un Operatore Logistico attivo da più di 15 anni, ed è specializzato nelle filiere del Largo Consumo, con un fatturato consolidato di c.a. 100.000.000 € sviluppato attraverso il governo di 2.500 persone di magazzino e trasporto.

Il Gruppo si chiama Fisi ed opera con due Brand, Sincro per la Gestione dei Magazzini di cui Renzo Sartori ne è il Presidente e Multiservizi per la gestione del trasporto e delle distribuzione dell’ultimo miglio.

Mi pare opportuno sottolineare che, nel rispondere a queste domande, quanto dirò non ha la pretesa di valere per tutto il complesso mondo della cooperazione.

 

Intervista a Gianpaolo Calanchi di Sincro

 

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla trasformazione delle cooperative di produzione e lavoro da fornitori di manodopera a veri e propri operatori logistici: quali dimensioni ha questo fenomeno e quali sono le ragioni di questa trasformazione?
Io non credo che le cooperative si siano trasformate in operatori logistici.
Quel che mi pare di vedere sul mercato è che c’è una forte domanda di commodity outsourcing dove i Committenti cercano Operatori interessati a svolgere attività logistiche elementari (handling e trasporti) ad un costo più competitivo di quello che già sostengono.
E non mi pare ci sia grande interesse a lasciare all’operatore logistico, tanto più se cooperativa o consorzio, le leve strategiche di controllo della logistica quali, ad esempio, i sistemi informativi, la progettazione dei magazzini, piuttosto che il disegno dei processi.

Ci sono stati mutamenti in merito alle destinazioni principali di investimento?
Ad esempio, esiste la tendenza delle cooperative ad investire in immobili?
Oppure: i mezzi di movimentazione nella maggior parte dei casi vengono noleggiati, acquistati oppure forniti dal committente?

Sarebbe interessante capire negli ultimi due anni quante sono le cooperative che hanno cessato l’attività e quante quelle che sono nate.
O forse sarebbe sufficiente vedere quante cooperative hanno più di 20 anni di storia ….
A me pare che le cooperative che possono permettersi il lusso di investire siano poche, e che in molti casi ci siano cooperative, anche con fatturati importanti, ma con una consistenza patrimoniale minima.
Per quanto riguarda i mezzi di movimentazione mi pare che nella maggior parte dei casi siano a noleggio; spesso alla cooperativa che subentra in un appalto è richiesto di subentrare anche nei contratti di noleggio della cooperativa precedente.
E in molti casi i contratti di noleggio in cui la cooperativa subentra sono stati attivati sulla base di convenzioni quadro negoziate dal Committente con le aziende produttrici dei mezzi di movimentazione.
Insomma mi pare che anche questa non sia una leva che governa la cooperativa.
Spesso si analizza fino all’ultimo centesimo il costo del lavoro e la produttività della cooperativa mentre si assumono come “dogmi” i costi di noleggio, piuttosto che di assicurazione dei mezzi.
Come dire che sembrerebbe più facile “ridurre” il costo del fattore umano che quello del mezzo!

Quali sono le differenze sostanziali fra una cooperativa e un operatore logistico tradizionale?
La cooperativa in genere si occupa di attività logistiche operative e non integrate (trasporto o handling), mentre l’operatore logistico dovrebbe occuparsi della gestione di processi logistici integrati (Magazzino, Trasporti, Distribuzione) che richiedono sistemi informatici, competenze manageriali, capacità progettuale e flussi di altri clienti per realizzare economie di scopo.

In quali settori merceologici i servizi delle cooperative di produzione e lavoro sono più performanti e maggiormente richiesti?
Non sono in grado di rispondere a questa domanda.
Quel che le posso dire, però, è che se rimaniamo nel settore merceologico di nostra competenza (il largo consumo) mi pare che la GDO ricorra maggiormente alle cooperative di quanto invece non facciano i Produttori.
Penso non siano molte le insegne della GDO che non hanno affidato l’handling ad una Cooperativa o ad un Consorzio (o ad un Operatore Logistico che poi l’affida ad una cooperativa), mentre ci sono ancora molti casi in cui i Magazzini Prodotti Finiti di Stabilimento sono gestiti da dipendenti, a cui vengono affiancati lavoratori a termini o con contratto di somministrazione per le punte di lavoro.

Ci sono situazioni logistiche nelle quali le cooperative riescono maggiormente ad esprimere il proprio valore aggiunto (es. picchi stagionali, temperatura controllata, ecc.)?
In passato ci si rivolgeva alle cooperative per avere minori costi, maggior flessibilità o per far loro svolgere attività disagiate che i propri dipendenti non svolgevano volentieri.
Oggi non so quanto sia noto che non c’è praticamente nessuna differenza tra il costo del lavoro di un dipendente di una società di capitali e di una società cooperativa.
Ad entrambi si applica un contratto collettivo nazionale di lavoro (ccnl) che prevede determinati trattamenti retributivi in funzione delle mansioni svolte.
Forse molti Committenti ritengono che ci sia ancora differenza di costo ma non è così.
Rimane invece il fatto che le cooperative riescono ad esprimere maggior flessibilità per seguire picchi e valli nel lavoro, e che spesso svolgono lavori disagiati.
Come ad esempio lavorare tutto il giorno a -20°/25°.

Le cooperative oggi riescono ancora ad assolvere al loro scopo primario, ovvero salvaguardare la legalità delle condizioni di lavoro e la dignità delle persone, coniugando queste istanze alla richiesta continua di competitività, efficienza e contenimento dei costi?
Credo che la radice solidaristica e mutualistica propria del movimento cooperativistico di inizio secolo non sia più l’elemento caratterizzante delle cooperative nel 2012.
Perlomeno per quanto riguarda le cooperative di produzione e lavoro, diverso mi pare sia il discorso nel settore no profit.
Anzi, se posso essere un po’ provocatorio, credo che nella percezione comune il termine cooperativa non sia più sinonimo di cooperazione e solidarietà, ma di precarietà e illegalità.
Purtroppo. Capire poi le ragioni di questa involuzione è tutt’altro discorso.

Un’alta percentuale di soci e dipendenti delle cooperative è costituita da lavoratori extracomunitari.
E’ corretto pensare alle cooperative anche come a luoghi di inserimento sociale e mediazione culturale?

Mi pare innanzitutto che non sia generalmente vero che un’alta percentuale di soci e dipendenti delle cooperative sia costituita da lavoratori “extra-italiani ” (più che extra comunitari!).
Credo infatti che l’incidenza degli “extra-italiani” sia maggiore nelle Regioni con minor disoccupazione.
E infatti a causa del profondo, strutturale cambiamento del mercato del lavoro in atto molti italiani e italiane stanno tornando a cercare lavoro nelle cooperative.
Così come in molti casi si assiste ad un fenomeno di in-sourcing e non di out-sourcing quale leva aziendale per evitare traumi occupazionali ai propri dipendenti e quindi tensioni sindacali.
Ciò detto, credo che comunque effettivamente le cooperative rappresentino un bello spaccato della tendenza alla multietnicità del nostro paese.
Che rimane credo un paese ospitale nei confronti di chi viene a cercare miglior sorte da Paesi più poveri di noi, perché, per quanto lontane e contestate, le radici cristiano-occidentali del nostro popolo sono ancora alla base della nostra cultura ed identità.
E forse, per quanto sbiadita, c’è ancora in noi la memoria dei nostri nonni che andavano a cercare lavoro e occasioni di riscatto sociale in giro per il mondo.

Quale futuro prevede per le cooperative di produzione e lavoro, anche alla luce delle importanti riforme del governo Monti?
Non so come finirà la riforma del lavoro a cui sta alacremente lavorando il Governo con le Parti Sociali.
Non sono a conoscenza di interventi specifici in favore delle cooperative.
La mia impressione è che la disciplina fiscale e giuslavoristica delle cooperative di produzione e lavoro sarà sempre più equiparata a quella di tutte le altre imprese.
Come dire che come linea di tendenza i benefici e gli sgravi derivanti dal fatto di essere una cooperativa di produzione e lavoro saranno sempre di meno.

 





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