Radio Frequency IDentification o Identificazione a radio frequenza, per gli esperti semplicemente RFID, è una tecnologia che permette di identificare e/o memorizzare dati in modo automatico (Automatic Identifying and Data Capture o anche AIDC) attraverso particolari dispositivi elettronici, chiamati tag o trandsponder, che scambiano dati in radiofrequenza.
Il punto di partenza è quel problema di “visibilità” e “tracciabilità” dei flussi fisici di prodotto lungo una filiera, il quale è fonte di diseconomie e di inefficienze che si rispecchiamo nell’andamento finale dell’impresa.
La tecnologia RFID si inserisce in quella linea di soluzione ed innovazione che risponde a queste problematiche.
I tag passivi delle applicazioni RFID possono essere impiegati con potenze di 2 Watt, espandibili a 4 watt: un ampliamento nel range di operatività ufficializzato, nel luglio 2007, da un Decreto Ministeriale firmato dal ministro Paolo Gentiloni, che apre la strada ad una vasta gamma di applicazioni avanzate, sia nel campo della logistica che in quello dei trasporti, nella GDO come nelle filiere estese.
Il Decreto Ministeriale stabilisce che gli apparati, indoor e outdoor, potranno essere caratterizzati da una potenza di 2 watt, espandibile a 4 watt con particolari tipi di antenna.
Il problema della privacy sussiste nella misura in cui i contenuti dei tag contengano informazioni personali, senza adottare le misure minime di sicurezza prescritte dalla legge (anonimizzazione, protezione dell’accesso, cifratura, ecc.).
Concettualmente un tag è assimilabile a una chiavetta USB leggibile a breve distanza, in alcuni casi senza un atto consapevole.
Se il supporto non è protetto da password di accesso ai dati, se i dati contengono informazioni personali e se queste informazioni sono in chiaro, ovviamente il problema si pone.
Il Ministro Gentiloni, nella stesura del decreto, si è avvalso della collaborazione del Ministero della Difesa, che ha concordato sulla compatibilità tra il servizio svolto sulla banda interessata e le applicazioni RFID e conseguentemente liberalizzato le frequenze comprese fra 865 e 868 MHz per usi civili.
La tecnologia, infatti, era utilizzata in ambito militare.
Però proprio dall’impiego delle frequenze UHF per scopi legati alla Difesa derivava l’impossibilità di sfruttare appieno le potenzialità della tecnologia e quindi sviluppare il relativo bacino di mercato di riferimento.
I dispositivi RFID non sono semplici etichette elettroniche o codici a barre elettronici, ma costituiscono una tecnologia che, se associata a basi di dati o a reti di comunicazione, come ad esempio internet, rappresenta un mezzo particolarmente efficace per la fornitura di nuovi servizi e applicazioni praticamente in qualsiasi ambiente.
Le applicazioni RFID si prestano ad un nuovo sviluppo che interesserà la società dell’informazione dei nostri tempi, la società dove internet è protagonista della vita quotidiana collegando non solamente apparati tecnologici e comunicativi, ma anche i semplici oggetti del nostro vivere quotidiano, dai vestiti ai prodotti alimentari, dall’armadio allo zaino per i propri figli.
In effetti non esiste praticamente settore industriale o distributivo che non possa trarre vantaggio da applicazioni RFID evolute, dalla logistica al tracciamento dell’origine dei prodotti e nella ricostruzione delle diverse fasi di lavorazione e conservazione, identificazione individuale negli aeroporti inclusa.
Non è da sottovalutare la grande opportunità per le aziende italiane di porsi in competizione con le controparti europee, alcune già provviste e utilizzatrici di tecnologie simili da anni.
Il mercato RFId in Italia ha fatto registrare tassi di crescita elevati inizialmente, ma ridimensionati in un secondo momento.
L’Osservatorio RFID della School of Management del Politecnico di Milano aveva diffuso i primi dati successivamente alla liberalizzazione, si era passati da un +47% nel 2006 ad un +27% nel 2007, un tasso di crescita sempre molto interessante, ma che di certo contrasta con quanto ci si sarebbe aspettati dopo la liberalizzazione delle frequenze UHF.
La liberalizzazione delle frequenze UHF ha, infatti, portato con sé effetti contrastanti: da un lato si è osservato un notevole aumento dei progetti RFId in ambito trasporto e logistica, un importante +62%, così come una ripresa di molte attività sperimentali che si erano arenate di fronte ai limiti delle tecnologie HF, dall’altro, tuttavia, la disponibilità dell’UHF ha ridotto la necessità di fare ricorso ai ben più costosi RFID attivi, che prima rappresentavano una sorta di scelta obbligata in talune situazioni.
Non si deve dimenticare però il dato primario registrato successivamente al decreto: a fine 2007 le tecnologie UHF avevano mosso un fatturato di quasi 15 milioni, un traguardo indubbiamente di pregio.
Il 2008 e gli anni successivi hanno rappresentato un anno di consolidamento di queste tendenze: anche in settori dove l’investimento rappresenta sempre un sacrificio e un rischio da parte dell’impresa, alcuni grandi progetti sono stati avviati.
Le previsioni pubblicate da ABI Research nel 2010 relative ai sistemi RFID indicano che il valore del loro mercato supererà i 6 miliardi di dollari entro l’anno successivo, includendo sia le applicazioni tradizionali quali, per esempio, controllo di accesso e telepedaggio, sia quelle più moderne come sicurezza e tracciamento di mezzi pesanti, pagamenti e bigliettazioni contactless.
I venditori e service provider diventano più ottimisti e positivi di giorno in giorno rispetto ai sistemi innovativi RFID, e gli utenti più incuriositi e attratti.
Se inizialmente la tecnologia era focalizzata sul settore food e su settori di largo consumo, ora si espande a un’ampia casistica di settori industriali.
Alcuni esempi? Settore farmaceutico, tessile, settore sanitario e amministrazioni pubbliche più in generale.
Diventa finalmente possibile dare risposte concrete a moltissime richieste che il mercato stava ponendo e che, fino a ieri, non era possibile implementare.
Rfid e il Made-in-Italy – I settori interessati: la moda
Il Made-in-Italy non si fa scappare l’occasione di essere innovativo e sempre più forte nella competizione dei grandi marchi globalizzati.
Il Made-in-Italy rappresenta oggi un prodotto apprezzato e stimato in tutto il mondo, ma per essere concorrenziali non serve solo proporre un buon prodotto con basi solide, bisogna anche sapersi adeguare al futuro che cambia, sapendo sbaragliare la concorrenza con le tecnologie che permettono sempre maggior diffusione, localizzazione e apprezzamento da parte di nuovi settori e clienti.
Il forte interesse degli operatori italiani nei confronti dell’Rfid è influenzato da diversi fattori, di ordine economico, logistico e, naturalmente, tecnologico.
La necessità di una decisa tutela del branding e della produzione Made in Italy rappresenta un grandissimo valore aggiunto nella sfida con i competitor internazionali.
Ma anche l’importanza di ottimizzare i flussi in una filiera molto complessa e diversificata.
Non bisogna dimenticare che il mondo del Fashion rappresenta una filiera che unisce grandi volumi di produzione e vendita, la tecnologia RFID rappresenta così un aspetto tecnico assai favorevole per l’adattabilità delle soluzioni a radiofrequenza e la tracciabilità dei singoli capi.
Inoltre, la tipologia stessa degli oggetti, i capi d’abbigliamento e gli accessori, si adatta bene, nella maggior parte dei casi, all’uso dei tag Rfid.
A vari livelli, tutti gli operatori della filiera moda stanno studiando, sperimentando o applicando l’Rfid ai più svariati ambiti operativi.
Gran parte delle catene produttive e distributive stanno procedendo in questa direzione, disseminando a vari livelli dispositivi di varia natura per ottenere una crescente quantità di informazioni che aiutano a costruire una business intelligence di filiera.
Gestire la shopper experience, intercettando i bisogni e le emozioni in-store per capitalizzarle e sviluppare campagne promozionali e modalità di sviluppo dei prodotti, infatti, si evidenzia particolarmente strategico soprattutto per le imprese che operano nel comparto del Fast Fashion.