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Domanda costruzione immobili uso logistico e strumenti tutela ordinamento
Cosa fare nel caso in cui la domanda di costruire un immobile a destinazione logistica venga rigettata?


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Il rigetto della domanda di costruzione di immobili ad uso logistico e gli strumenti di tutela accordati dall’ordinamento

13 Dicembre 2010

La realizzazione di un immobile da destinarsi ad attività logistica presuppone la compatibilità urbanistica dell’area ove tale immobile dovrà essere edificato, che, nonostante alcune oscillazioni giurisprudenziali, dovrà avere una destinazione di tipo “produttiva industriale“, qualificabile come area “D” ai sensi del D.M. 1444/1962 (in tal senso vedi Ordinanza, TAR Lombardia, Milano, Sez. II., 26 gennaio 2006, n.171 – «l’attività definita… come “logistica” sembra avere il carattere di attività produttiva»).
Non è escluso che le norme del Piano Regolatore prevedano l’ulteriore scomposizione delle aree “D” in sottoaree (quali le aree D1 – produttiva industriale ed artigianale esistente, D2 – commerciale, terziaria, di servizio, esistente, D3 – produttiva industriale ed artigianale di completamento, D4 – commerciale, terziaria, di servizio, di espansione nel territorio urbano consolidato) nonché alcuni “criteri operativi” per la realizzazione degli immobili su ciascuna di tali sottoaree.

A titolo meramente esemplificativo, i criteri operativi potranno prescrivere la preventiva approvazione di un piano di lottizzazione od il necessario ottenimento di un permesso di costruire in luogo di una semplice D.I.A. (1.) (a tal proposito, si noti che in alcune regioni, tra cui la Lombardia, la D.I.A. costituisce uno strumento idoneo alla realizzazione anche di rilevanti opere edilizie).

Ciò premesso, è necessario interrogarsi su quali siano i possibili rimedi a fronte di un eventuale rigetto della domanda di costruire un immobile ad uso logistica.

Cosa fare in caso di rigetto della domanda

Prima di tutto è necessario chiarire che il rifiuto sarà espresso dal Comune del luogo dove tale struttura dovrebbe sorgere, mediante un provvedimento amministrativo che, richiamate in premesse le ragioni in fatto ed in diritto che hanno motivato il diniego, concluderà l’iter procedimentale con un provvedimento di rigetto espresso.
In realtà, ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’Amministrazione comunale prima di rigettare la domanda del privato dovrà emettere un “preavviso di diniego“, nel quale dovranno essere esplicitate le ragioni per cui tale domanda non risulta accoglibile.
Di qui, il privato avrà un termine pari a 10 giorni per replicare, attraverso la predisposizione di una “memoria”, ossia di un documento con cui il privato illustrerà all’Amministrazione comunale i motivi per cui si ritiene che la realizzazione dell’immobile debba essere permessa.

Nella più parte dei casi ove il provvedimento di rigetto non sia stato preceduto da tale preavviso, il privato potrà fare valere dinnanzi al competente TAR l’illegittimità del provvedimento di diniego, chiedendone l’annullamento. (2.)
Ciò posto ed ammettendo che l’Amministrazione comunale abbia correttamente agito, facendo precedere al provvedimento finale di rigetto il necessario preavviso di diniego, come potrà il privato tutelare le proprie ragioni chiedendo al competente Tribunale di accertare l’eventuale illegittimità in ordine all’operato del Comune?

Il privato che intenda richiedere al Tribunale di compiere tale accertamento dovrà rivolgersi al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) competente per il luogo ove tale provvedimento di rigetto è stato emesso.
Si noti, peraltro, che l’illegittimità dei provvedimenti comunali di rigetto può derivare, oltre che dal mancato rispetto delle disposizioni di legge, dalla violazione delle previsioni contenute nei regolamenti o piani approvati da altri enti sovra comunali (Provincia, Regione, Stato).
Da ciò deriva un’ulteriore conseguenza, e cioè che quand’anche l’amministrazione comunale avesse agito correttamente, l’eventuale illegittimità del provvedimento di rigetto potrebbe essere la conseguenza dell’illegittimità delle disposizioni contenute nei suddetti piani, a cui il Comune ha, comunque, l’obbligo di riferirsi per verificare la compatibilità della richiesta del privato.

E’ essenziale che l’interessato agisca con tempestività, in quanto, ai sensi della legge L. 1034/1971, il termine entro cui può essere proposto ricorso è di 60 giorni dall’avvenuta conoscenza del provvedimento di rigetto.
Oltre tale termine non sarà più possibile esperire un ricorso al TAR e (entro 120 giorni dall’avvenuta conoscenza) potrà essere proposto solo un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, strumento molto meno efficace rispetto al primo.
Qualora il ricorso al TAR venga accolto, i giudici amministrativi annulleranno il provvedimento di rigetto e verrà statuito che i motivi su cui il Comune ha basato il proprio rigetto sono illegittimi.
Di qui il Comune dovrà riesaminare la domanda del privato, e una volta recepite le indicazioni dei giudici, dovrà emettere un altro provvedimento che non potrà in nessun caso avere lo stesso contenuto del provvedimento annullato.

Note

1.
A tal proposito, per pacifica giurisprudenza, l’eventuale rigetto della domanda di permesso di costruire basata esclusivamente sull’esistenza di una norma di piano che prescrive la preventiva approvazione di un piano di lottizzazione sarà illegittima se non supportata da considerazioni sullo stato delle urbanizzazioni presenti in loco – Cfr. TAR Campania – Napoli, Sez. II – 1 marzo 2006, n. 2498 «è illegittimo il diniego di permesso di costruire …, motivato con esclusivo riferimento alla necessità della previa approvazione di un piano attuativo, richiesto dalle n.t.a. del P.R.G. per l’edificazione nella area interessata, nel caso in cui, da un lato, la P.A. non abbia effettuato alcuna valutazione dell’adeguatezza delle concrete opere di urbanizzazione presenti, rispetto alle esigenze discendenti dalla nuova costruzione…».
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2.
Cfr. T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. I, 3 ottobre 2007, n. 2056 «… la p.a. è tenuta, prima di adottare il provvedimento di diniego, ad instaurare il contraddittorio con l’interessato, comunicando il preavviso di diniego previsto dall’art. 10 bis, l. 7 agosto 1990 n. 241, con la conseguenza che l’omesso invio del preavviso di diniego inficia la legittimità del provvedimento di rigetto dell’istanza».
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