Mentre in Paesi quali Stati Uniti, Inghilterra e Germania, sempre più retailer stanno avviando progetti di implementazione di sistemi RFID, il gruppo distributivo leader al mondo, Wal Mart, diffonde i primi risultati relativi alla sperimentazione avviata ad inizio anno.
La strategia di implementazione del retailer statunitense si è sviluppata in due direzioni: da un lato a giugno del 2003 ha chiesto ai suoi 100 maggiori fornitori di dotarsi, a partire da gennaio 2005, di imballaggi primari e secondari provvisti di tag RFID. Dall’altro ha commissionato uno studio all’Università dell’Arkansas, stato in cui si trova il quartiere generale della catena statunitense, al fine di valutare l’impatto dell’utilizzo di EPC – standard di identificazione dei prodotti basato sulla tecnologia RFID – sulla gestione del punto vendita. In particolare l’analisi è stata opera di un team dell’RFID Research Center dell’ateneo, nato grazie a finanziamenti di fornitori e utenti finali di tali nuove tecnologie, tra cui ACNielsen, Intel e Microsoft.
Nello specifico la metodologia di studio ha previsto l’esame di 24 punti vendita, appartenenti a 3 dei 4 format di Wal Mart: Supercenter (il punto vendita più grande, pari a 3 campi da calcio), Discount Store (format originario) e Neighbourhood Markets (negozio di recente introduzione considerato di prossimità). In particolare è stato realizzato un confronto tra 12 negozi “pilota” dotati di tecnologia RFID e la parte restante che invece ha continuato ad utilizzare la tecnologia tradizionale basata sul codice a barre.
I primi risultati diffusi al riguardo sono relativi all’efficacia dei sistemi RFID nella riduzione delle rotture di stock; il problema della mancanza di prodotti a scaffale è infatti una delle principali criticità con cui si devono misurare i retailer. L’assenza di merce, oltre a rappresentare un inevitabile ostacolo alle vendite, comporta di fatto una perdita di tempo per l’addetto che deve recarsi personalmente a cercarla, visto che con il sistema di codice a barre attualmente in uso non è facile avere un’immediata e chiara visione della posizione in cui la merce è stoccata. Il fenomeno del fuori scorta raggiunge poi il massimo apice nei periodi di punta dell’attività commerciale: basti pensare che secondo dati aziendali in una giornata come il sabato un prodotto su 12 risulta esaurito.
Dai primi risultati riguardanti i dati rilevati giornalmente su 4.554 referenze tra il 14 febbraio ed il 12 settembre del 2005 emerge che l’adozione di un’etichettatura con tag RFID ha consentito di registrare una riduzione media delle rotture di stock pari al 16% all’interno dei punti vendita pilota. Secondo il retailer statunitense se si applicasse quindi tale tecnologia all’intero sistema distributivo, l’incidenza degli “out-of-stock” sul giro d’affari passerebbe dall’attuale livello dell’8 % al 6,7 %.
Inoltre lo studio ha evidenziato i benefici che apportano le “picking lists” automatiche di merce, vere e proprie liste che indicano quale e quanta merce prelevare dal magazzino del punto vendita e portare sugli scaffali quando è imminente l’esaurimento delle unità in esposizione. È infatti emerso che rispetto alle liste preparate manualmente nei punti vendita dove è in uso il codice a barre, tali versioni automatiche hanno incluso più referenze, dimostrando quindi di riuscire ad individuare più prodotti in prossimità dell’out-of-stock di quanto non possano scorgere gli occhi degli addetti alla vendita, oltre a garantire risparmi di tempo, non quantificati dallo studio, derivanti dal non dover scannerizzare manualmente i codici a barre dei prodotti in rottura.
Infine secondo lo studio in questione non solo nei punti vendita pilota il riapprovvigionamento dei prodotti mancanti è stato tre volte più veloce ma si è anche registrata una riduzione del 10% degli ordini immessi manualmente dagli addetti del punto vendita, con una conseguente diminuzione delle scorte eccedenti.
Alla luce di tali primi risultati Linda Dillman, Chief Information Officer di Wal Mart, ha affermato che “tale iniziativa non si può considerare più come un atto di fede, visto che l’EPC consente di offrire una maggiore disponibilità di prodotto al consumatore, rappresentando così una soluzione vincente per acquirente, fornitore e distributore”.
Dati i favorevoli risultati della sperimentazione in atto il gigante della distribuzione conferma quindi la propria intenzione di rendere operativo il prima possibile un sistema basato sulla tecnologia EPC con tag di seconda generazione che coinvolga entro l’inizio del 2007 almeno 600 fornitori e oltre 1.000 punti vendita.