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Pedaggi autotradali: la logistica non ci sta
Il malumore delle imprese dell’autotrasporto rispetto ai rincari che hanno colpito alcune delle direttrici classiche del trasporto merci


Trasporti Nazionali e Internazionali

Pedaggi autotradali: la logistica non ci sta

11 Gennaio 2018

È scontro aperto tra il mondo dell’autotrasporto e della logistica e le autostrade italiane, a causa del rincaro dei pedaggi scattato lo scorso 1° gennaio.
L’incremento medio delle tariffe risulta del 2,74% sull’intera rete nazionale, con punte fino al 52,69% (tratta Aosta Ovest–Morgex).

In particolare, a scatenare il malumore delle imprese dell’autotrasporto (e anche degli automobilisti privati) sono stati i rincari che hanno colpito alcune delle direttrici classiche del trasporto merci: l’asse autostradale Est–Ovest e la tratta per Genova (Milano Serravalle).
Ad alzare la voce ci ha pensato Anita, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese di autotrasporto merci e logistica attive in Italia e in Europa, si fa capofila della protesta.

“Non capiamo – dichiara in una nota il Presidente di Anita, Thomas Baumgartner – come in momenti di aumenti dei traffici autostradali e, quindi, delle frequenze di percorrenza, con conseguenti aumenti automatici dei ricavi per le società autostradali, si possano concedere aumenti di pedaggi che vanno fino al 13,91% (Milano Serravalle e Milano Tangenziali).
In periodi di inflazione quasi a zero e di aumenti dei traffici con manutenzioni costanti e minori spese di personale per l’uso sempre più frequente dei Telepass, non si comprende come mai le società autostradali debbano avere bisogno di incrementare i pedaggi”.

Il costo dei pedaggi autostradali incide per circa il 12% sui costi gestione di un mezzo pesante e i nuovi incrementi si riverseranno inevitabilmente sui noli del trasporto e di conseguenza sui costi logistici per le imprese produttrici.
Sempre secondo Anita, in una fase di ripresa dell’economia in cui il Pil italiano cresce, anche se meno rispetto a molti altri Paesi Ue, ma dove la competitività delle imprese del settore sta ancora peggiorando, l’Italia non si può permettere un nuovo rincaro dei costi di produzione, “che comprometterebbe la forza propulsiva dell’esportazione, vero motore della ripresa economica”.





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