Anche lo shipping si sta adeguando agli Accordi di Parigi, che prevedono la diminuzione delle emissioni nocive fino ai livelli del 2008, dimezzare il rapporto tonnellata-chilometro a partire dal 2050 e l’accordo sulle percentuali, con date precise.
Ma l’International Chamber of Shipping ha una richiesta per l’Imo, agente regolatore della navigazione: “È importante che l’Imo mandi un chiaro e inequivocabile segnale alla comunità globale: i legislatori dello shipping hanno aderito agli ambiziosi obiettivi, con numeri e date, allo stesso modo in cui le attività terrestri sono regolate governativamente sotto gli Accordi di Parigi”.
Queste le parole di Esben Poulsson, presidente Ics.
Non è la prima volta che gli armatori esortano l’Imo: si lamentano dell’eccessiva burocrazia e della lentezza, così come della non chiarezza.
In particolare, la raccolta dei dati relativi alle emissioni del trasporto via mare è in ritardo rispetto a quelle degli altri settori industriali: serve dunque maggiore tempestività da parte dell’Agenzia ONU nel mettere in vigore le convenzioni ambientali stabilite a Parigi.
In una nota, l’associazione chiede che l’Imo sviluppi una soluzione globale, anziché subire misure nazionali o regionali distorsive.
Secondo l’Ics, non dovrebbero essere imposti vincoli alle emissioni di CO2 ai Paesi in via di sviluppo, ma bisognerebbe investire sullo sviluppo delle energie alternative.
Decisiva sarebbe la collaborazione di tutti i membri dell’Imo.