Outsourcing
Parliamo degli Interporti italiani col Presidente UIR Alessandro Ricci.
06 marzo 2012
In breve
Sulle pagine di Logisticamente.it un paio di anni fa avevamo dato ampio spazio al Roadshow di UIR, voluto per portare l'attenzione del mondo politico sulle realtà interportuali.
Partendo da questo, abbiamo chiesto ad Alessandro Ricci, presidente di UIR, quale sia il ruolo degli interporti nel sistema logistico del nostro Paese, fra Piano nazionale della logistica e Decreto salva Italia.
Premessa
Nel panorama delle relazioni europee di natura commerciale risalta il ruolo fondamentale dell'interporto che per sua natura è cuore logistico degli scambi.
Lo sguardo italiano risulta forse arretrato, ma lo spirito delle nuove azioni governative va nella giusta direzione: rendere visibile, autonoma e definita la realtà interportuale, ed inserirla in una corretta politica di incentivi.
Ultimamente l'Unione Interporti Riuniti (UIR) ha stretto una collaborazione con l'Unione internazionale delle Ferrovie (UIC) per favorire gli accordi su intermodalità e trasporti.
A questo scopo, il presidente di UIR Alessandro Ricci si è recato a Parigi per incontrare Jean-Pierre Loubinoux, direttore generale della UIC per mettere a punto azioni comuni.
Ne è venuto fuori un elenco di cose concrete su cui lavorare e tra queste l'information technology, corridoi di trasporto merce, dialogo con la Commissione Europea, divulgazione delle best practices.
Abbiamo intervistato Alessandro Ricci per approfondire le tematiche interne e non solo.
Intervista al presidente di UIR Alessandro Ricci
- Il Governo precedente, mediante la
Consulta generale per l'autotrasporto e la logistica, aveva lavorato a
un Piano nazionale della logistica, nel tentativo di dare un assetto
organico alla rete dei trasporti e pianificare lo sviluppo
infrastrutturale nel lungo periodo. Quali cambiamenti ci sono stati in
seguito alle riforme del Governo Monti, e quali sono gli sviluppi
previsti?
Bisognerebbe innanzitutto effettuare una distinzione: quando si parla di
logistica a carattere generale è differente rispetto a quando si
descrive il settore più specializzato.
Il nostro interporto di
Bologna è coinvolto in entrambi questi aspetti, ma affronta
problematiche e prospettive lungo percorsi differenti.
Detto questo, e concentrandoci sull'aspetto governativo più generale, Bartolomeo Giachino, sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti, già illustrò il percorso che andava affrontato: tramutare la proposta del Piano Nazionale della Logistica in documenti da sottoporre poi ad approvazione, attraverso uno schema operativo CIP-Parlamento-Ministero.
Sicuramente in fase di elaborazione, non posso però dire con certezza a che punto questa misura sia arrivata.
Se parliamo poi dell'attività dell'attuale Governo Monti, possiamo dire che il suo lavoro si sta svolgendo sotto tre principali punti di vista.
Segue, innanzitutto, una politica di investimento che guarda alla modalità finanziaria e fa ricorso a finanziamenti a progetto interessando così maggiormente l'ente privato.
Riguardo il delicato tema trasporti, sta invece rivolgendo principale attenzione alla dinamica del periodo, e quindi alle tensioni che si sono create, lavorando molto su quelle che possiamo chiamare emergenze.
Per ciò che concerne la riforma dei trasporti,
era già stata raggiunta un'intesa dal precedente Governo e sviluppato
un testo di legge condiviso in commissione, ricevendo però
successivamente uno stop, o comunque importanti obiezioni, da parte del ministero dell'Economia e del ministero di Ragioneria Generale dello Stato.
Con il nuovo Governo è ora in corso un ridisegno della proposta di legge principalmente da parte dei comitati regionali.
Preferisco non esprimermi ancora a riguardo del nuovo disegno di legge, essendo in una fase ancora delicata e di lavoro.
- All'interno di questo quadro, quale ruolo dovranno ricoprire gli interporti?
Il discorso risulta strettamente legato all'art. 46 del decreto Salva Italia, il quale ha stabilito prerogative riferite ai collegamenti infrastrutturali e alla logistica portuale.
Noi, in qualità di Associazione, abbiamo contestato l'art. 46 perché taglia fuori gli interporti nelle decisioni del settore logistico, lasciando la gestione totale alla sola attività portuale.
L'attività dell'interporto rappresenta il naturale sbocco a terra di tutta la merce,
la quale viene poi inserita e organizzata attraverso collegamenti
ferroviari e stradali, ed è quindi impensabile che la sua attività venga
esclusa.
Dal confronto europeo è uscito un ruolo
dell'interporto molto più forte all'interno dei corridoi europei che va a
sottolineare l'importante funzione dello stesso.
- La Legge 240/90, che definisce cosa
sia un interporto, secondo molti dovrebbe essere aggiornata: lei cosa ne
pensa? E cosa verrà fatto prossimamente?
Legandomi a ciò precedentemente detto rispetto all'art. 46, anche questo
Governo ha espresso la necessità di porre mano alla gestione generale
nel settore logistico creando un sistema definito ed organizzato
all'interno del Piano Generale dell'Intermobilità.
Si tratta di un processo che guarda all'esigenza di concentrare le forze all'interno dell'interporto stesso, a fronte delle troppe infrastrutture presenti.
- In Italia non ci sono forse troppi interporti?
La problematica che vede un numero incalzante delle infrastrutture
presenti sul territorio italiano rappresenta un dibattito a cui non mi
sono mai sottratto.
Vi sono sicuramente zone più ricche, come Nord-Est e Nord-Ovest, dove ad una più forte concentrazione di insediamenti produttivi, segue una logistica più radicata ed insediata.
Vi sono però anche aree deficitarie come il Mezzogiorno.
La mia posizione è sempre stata chiara: meglio ragionare sugli obiettivi e sugli sviluppi di un settore piuttosto che sui numeri oggi presenti.
La scommessa vera sta nel decidere dove e quali sono le strutture su cui convergere le forze e di conseguenza intervenire rispetto a questa decisione.
Quello che va offerto a livello nazionale ed internazionale è un
sistema territoriale definito ed organizzato non la banchina aggiuntiva
nel porto.
- Gli obiettivi del roadshow UIR del 2010 sono stati raggiunti? Ci sono altre iniziative simili allo studio?
Mi ritengo molto soddisfatto e contento a seguito del Roadshow UIR del 2010, dove gli obiettivi sono stati perfettamente raggiunti.
Il primo obiettivo, ampiamente conseguito, era quello di portare l'attenzione delle realtà interportuali al mondo politico ed uscire da un anonimato che avvolgeva il settore.
Ne sono state, infatti, fatte emergere le potenzialità, il ruolo e il sistema di rete.
In questi successivi due anni, anche grazie al Roadshow UIR, il sistema interportuale ha acquisito valenza e fa discutere.
Questo significa attenzione e consapevolezza di un panorama in continua crescita, non più anonimo, non più la "cenerentola" della logistica.
L'intermodalità implica da sempre il coordinamento fra una molteplicità
di attori: ad esempio, gli interporti devono interfacciarsi con le
autorità portuali e con le autorità territoriali, soprattutto quando si
parla di progetti infrastrutturali importanti.
- Avendo l'Italia necessità di
crescere, e di crescere in fretta, ci sono stati o ci saranno
provvedimenti che agevolino tale coordinamento, come ad esempio
l'istituzione di cabine di regia?
Lo spirito va nella giusta direzione di cambiamento e miglioramento, ne è l'esempio l'art. 46, infatti ciò che noi contestiamo non sono i principi alla base, ma le modalità con cui gli obiettivi verranno raggiunti.
È necessario costruire una comunità internazionale dell'intermobilità in cui tutti gli attori possano trovare un luogo dove confrontarsi e far convergere le risorse.
In questa direzione di pensiero hanno quindi senso i tentativi sulle
mappature generali, i microinterventi sui cosiddetti "colli di
bottiglia" e le politiche di incentivi.
Si tratta di seguire non una politica di sussidi, ma una politica di incentivi.
C'è bisogno di incentivare, infatti, un nuovo traffico intermodale e ferroviario, chiamando a responsabilità i suoi attori.
L'incentivo dev'essere una sfida, un percorso con un inizio e una fine.
L'incentivo
presenta per sua natura periodi di tempo diversi, ma piani industriali
efficaci che sappiano dimostrare di raggiungere gli obiettivi ed anche
le remunerazioni previste.
Un percorso corretto d'incentivo è un
percorso decrescente nel settore pubblico perché crescente in quello
del mercato, questo significa saper sopravvivere all'interno di
un'ottica commerciale sino alla piena autonomia.