In breve
La sharing economy inizia con i Millennial. Questa l’analisi a cui arriva DHL Global Forwarding, attraverso il report Sharing Economy Logistics ­ Rethinking Logistics with access over ownership. Sono i nati tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ’90 i fautori del cambiamento che sta portando a scegliere di usare un bene per un tempo limitato piuttosto che possederlo (dati Nielsen). Un aspetto, quello dello sharing, che può favorire politiche di logistica anche tra player del settore.

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Cresce la sharing economy nella logistica
Hardware e Software per il magazzino

Logistica e sharing economy: un fenomeno destinato ad espandersi

10 ottobre 2017
In breve
La sharing economy inizia con i Millennial. Questa l’analisi a cui arriva DHL Global Forwarding, attraverso il report Sharing Economy Logistics ­ Rethinking Logistics with access over ownership. Sono i nati tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ’90 i fautori del cambiamento che sta portando a scegliere di usare un bene per un tempo limitato piuttosto che possederlo (dati Nielsen). Un aspetto, quello dello sharing, che può favorire politiche di logistica anche tra player del settore.

Premessa
Viaggi, auto, finanza, staff di lavoro e contenuti multimediali in streaming.
Secondo DHL saranno questi settori che da soli potranno portare la sharing economy negli Stati Uniti dai 15 miliardi di dollari nel 2014 a 335 miliardi di dollari nel 2025.
Attraverso il report Sharing Economy Logistics ­ Rethinking Logistics with access over ownership, si propone di indagare l’uso delle piattaforme digitali e dei modelli di business costruiti intorno al nuovo paradigma di condivisione di beni come importante opportunità futura per l’industria logistica.

Ma, per raggiungere certi obiettivi, è necessario pensare alle modalità di sviluppo del comparto.
Già in passato c’è stata innovazione per DHL nell’offrire ai privati di rinunciare al bagaglio in stiva per trasportare documenti di spedizione specifici.
Condivisione degli spazi di stoccaggio, valorizzazione di spazi di privati (l’urban discreet warehousing), condivisione degli asset pesanti: queste sono solo alcune delle ipotesi messe in campo dallo studio di DHL società e in via di sperimentazione soprattutto in Germania, centro nevralgico del big della logistica.


Un nuovo modello di consumo
Per molti anni, le attività hanno funzionato in base ad una logica lineare: i produttori producono, i distributori distribuiscono e i clienti acquistano, possedendo i beni per tutta la loro vita utile.
Questo paradigma sta, peòò, cambiando: a partire dal 2008, le persone hanno iniziato a sostenere un nuovo modello di consumo, in cui è preferibile l’accesso temporaneo a beni e servizi rispetto alla proprietà effettiva.

Una nuova generazione di aziende guidate da nativi digitali, che si trovano alla guida di grandi sistemi di approvvigionamento pur possedendo solo l’interfaccia utente mobile, stanno guidando questo significativo cambiamento di valore.
La generazione dei consumatori Millennial (individui nati tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ’90) è quella più attivamente impegnata nella sharing economy.
Un sondaggio di Nielsen a livello globale mostra che i Millennial costituiscono anche la fetta più grande di utilizzatori passivi della sharing economy (al 35%): i loro modelli di consumo indicano una minore preferenza per i beni fisici e suggeriscono una maggiore preferenza per le esperienze che offrono un senso comune di appartenenza.

L’utente medio di smartphone, in generale, dispone di 27 applicazioni installate sul proprio smartphone, con alcuni paesi come la Svezia, la Svizzera e la Corea del Sud che raggiungono una media di quasi 40 app per smartphone: tutto ciò da moltiplicare su un bacino d’utenza di circa 3 miliardi di smartphone a livello globale.
“Il concetto di condivisione non è nuovo, ma oggi le persone possono condividere risorse e utilizzare i servizi di condivisione attraverso strumenti tecnologici che si diffondono in modo esponenziale.
Il cambio di paradigma è iniziato con beni di alto valore come stanze in affitto e automobili, ma il concetto sottostante può via via essere applicato a quasi tutto”, afferma Mario Zini, Country Manager Italia di DHL Global Forwarding.

“I fornitori logistici possono trarre vantaggio dalla condivisione delle proprie risorse, ma anche sfruttare questi sviluppi attraverso un utilizzo più conveniente dello spazio di magazzino, di metodi di trasporto e metodi di consegna più efficienti o di modelli flessibili di lavoro.
Fondamentale è, però, garantire responsabilità e trasparenza: poiché spesso gli sviluppi tecnologici viaggiano più veloci di quelli normativi, aziende e autorità devono lavorare insieme per tutelare diritti e garanzie”.

Nella sharing economy, gli utenti ­ individui o organizzazioni ­ hanno accesso temporaneo a un bene, servizio o abilità di qualcun altro e che altrimenti sarebbero inutilizzati.
Non solo questo massimizza il rendimento degli investimenti attraverso un maggiore utilizzo, ma produce anche un nuovo flusso di entrate sotto forma di canoni di locazione per il proprietario del bene.
La condivisione è inoltre un bene per l’ambiente poiché porta a produrre meno risorse che vengono utilizzate più spesso.

I settori di crescita nello sharing e prospettive per la logistica

Pricewaterhouse Coopers ha individuato i cinque settori chiave di condivisione con un potenziale di crescita elevato ­ viaggi, auto, finanza, staff di lavoro e contenuti multimediali in streaming ­ e stima che questi settori, da soli, aumenteranno la portata della sharing economy negli Stati Uniti dai 15 miliardi di dollari nel 2014 a 335 miliardi di dollari nel 2025.
Anche la Cina sta guidando la rivoluzione della sharing economy, con stime che indicano circa 50 milioni di lavoratori in questo settore che servono oltre 500 milioni di consumatori.


Ecco quali sono secondo DHL le sette principali opportunità della sharing economy per gli operatori logistici:
  • Truly Shared Warehousing.
    Con questa espressione i ricercatori indicano piattaforme simili ad Airbnb ­ come Flexe o DHL Spaces ­ che permettono di affittare a tempo e in modo dinamico (cioè variando l’estensione in funzione delle necessità) singole zone di grandi magazzini condivisi, gestendone l’uso, anche su smartphone, attraverso la nuova generazione di sistemi di inventory level management.

  • Urban Discreet Warehousing.
    Questa è la versione “in piccolo”, nei territori urbani, e per i consumatori del punto precedente.
    Si sa che le città sono sempre più abitate e gli appartamenti sempre più piccoli, quindi c’è sempre più domanda di spazi dove depositare e conservare oggetti e mobili.
    Ecco spiegata l’utilità di piattaforme digitali che permettono l’affitto di piccoli spazi ­ anche messi a disposizione da privati, come cantine, garage, stanze sfitte o magazzini ­ e offrono servizi connessi come prelievo, consegna e noleggio di attrezzature (scaffali, ecc.).

  • Community Goods On­demand.
    Qui si esamina il crescente successo di piattaforme di noleggio di piccoli oggetti di uso quotidiano (utensili, elettrodomestici, tende da campeggio, biciclette, ecc.) come la californiana Omni e l’olandese Peerby, evidenziando la grande opportunità per i fornitori di servizi logistici di proporre reti di ritiro e consegna on­demand, spazi di stoccaggio, capacità di gestione dei magazzini e di packaging degli oggetti.
  • Logistics Asset Sharing.
    Gli operatori logistici con flotte di mezzi possono far leva sul concetto di sharing per migliorare il tasso di utilizzo di questi asset, che spesso nei weekend e di notte sono fermi.
    Attraverso apposite piattaforme digitali (sviluppate ad hoc o fruite in Cloud) possono affittare i mezzi ad aziende o privati, fornendo anche servizi complementari come per esempio polizze assicurative.
    I ricercatori suggeriscono un approccio simile anche con le attrezzature di movimentazione di magazzino (carrelli elevatori, movimentatori di pallet, ecc.) se non sono utilizzate su tre turni e 24 ore.

  • Transport Capacity Sharing.
    Qui si cita uno studio di Frost & Sullivan secondo cui un camion su 4 in USA ed Europa viaggia vuoto, e i restanti viaggiano carichi in media al 50%.
    Inoltre ci sono le inefficienze legate al traffico, ai tempi di carico e scarico, alle comunicazioni incomplete ecc.
    Diverse startup sono entrate in quest’ambito con piattaforme digitali di brokeraggio ­ sono citate Saloodo!, Freightos, Convoy, Loadsmart ­ che favoriscono lo scambio di dati e informazioni tra operatori logistici e committenti, e quindi l’incontro tra domanda di trasporto e disponibilità di carico sui mezzi.
    Ed è solo l’inizio, spiega il report: si prospettano piattaforme simili anche per i trasporti via mare, aria e treno.

  • On­demand Staffing.
    La logistica sta coprendo in parte con l’automazione le attività più pesanti e ripetibili, ma comunque resta un settore ad alta intensità di lavoro, e per giunta spesso con forti picchi stagionali di domanda.
    Per affrontarli possono essere di grande aiuto piattaforme digitali di incontro tra domanda e offerta di lavoro, con servizi di gestione del recruiting e della burocrazia dei contratti di temporary work: il report cita per esempio Jobdoh, startup di Hong Kong.
    Altro sviluppo estremamente promettente è quello delle consegne “ultimo miglio”, in cui gli operatori logistici si affidano ­ tipicamente nelle città e per la consegna al consumatore finale di acquisti eCommerce ­ a privati “certificati” dagli stessi operatori, reclutati attraverso apposite piattaforme come Postmates o TaskRabbit, e che si muovono con mezzi propri.

  • Logistics Data Sharing.
    Tutte queste piattaforme di sharing raccolgono tantissimi dati.
    Dati che possono essere analizzati nelle forme opportune, per trarne indicazioni per nuovi servizi, nuovi prodotti, e anche modalità di rendere le città più efficienti ed ecosostenibili.
    Il report cita l’esempio del City Data Exchange di Copenhagen, una piattaforma basata su tecnologie Hitachi e alimentata da dati forniti da varie fonti, tra cui appunto gli operatori logistici, la cui analisi aiuterà la capitale danese a gestire traffico e infrastrutture in modo da diventare “carbon neutral” entro il 2025.


Qui la versione integrale del rapporto.

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